Il rapporto con gli artisti
Già dagli anni ’60 Marta era entrata in contatto tramite la sorella Carla Lonzi, critica d'arte, con gli artisti del periodo, in primis Pinot Gallizio, Carla Accardi, Pietro Consagra, ma anche Mario Nigro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Luciano Fabro, stabilendo, con alcuni di questi, intensi rapporti personali e di collaborazione.
Se nel caso di Gallizio il rapporto è interrotto precocemente dalla morte improvvisa dell'artista (nel 1964), molto più estesa è la frequentazione con Accardi e Consagra.
Carla Accardi condivide con Marta l'esperienza iniziale del gruppo di Rivolta; il rapporto prosegue dopo il 1973 (anno del suo distacco dal gruppo) anche sulla base di una urgenza creativa condivisa, pure se diversamente indirizzata. Un primo risultato quasi ludico è il Lume AL70, elaborato insieme per una occasione concorsuale, poi realizzato per le rispettive abitazioni, infine inserito da Marta nel catalogo delle edizioni di design Antithesis. Una tappa importante è la ristrutturazione dell'appartamento-studio dell'artista, su cui Marta continua a intervenire fino al 1989. In questo arco di tempo è compresa anche la partecipazione di Accardi al progetto di concorso IBA a Berlino per Lützowplatz (1987).
Con Consagra, “entrato in famiglia” intorno al 1966, il confronto è complesso. Inizialmente colpita dalla “sua libertà di espressione, la sua autonomia di linguaggio, il suo modo diretto di rapportarsi all’oggetto”, Marta vede Consagra, “dopo il suo sconfinamento nell’architettura”, “più simile agli architetti nel processo progettuale. Mentre come scultore questa analogia mi si sarebbe rivelata con maggiore difficoltà”: con tutte le riserve del caso. Ma dal loro confronto nascono i progetti elaborati (in più riprese e su siti diversi) per una casa all’isola d’Elba (1970-72), mentre proseguono i confronti dialettici sulla creatività (1980).
A Consagra, secondo testimonianze, va attribuito lo schizzo di copertina de L’architetto fuori di sé (1982).
L’intensa frequentazione con gli artisti lascerà traccia nei progetti elaborati da Marta, connotati da un linguaggio espressivo peculiare e da una grande sensibilità per l’inserimento delle opere d’arte, a partire dalla casa manifesto, l’appartamento in p.le Belle Arti a Roma.
“La sua esperienza in quella casa non è teatrale ma è cinematografica, cioè Marta costruisce un percorso che è dato dall'invenzione delle vetrate che mischia le funzioni, è un percorso in cui… le opere d'arte sono come il fermo macchina, il momento in cui l'immagine si ferma, fa un close-up su qualcosa per poi ripartire. Una presa di posizione unica nell'ambiente dell'architettura degli interni”
(M. Romanelli 2019)