La ricerca sul processo creativo
Dopo il congedo dalla critica d’arte da parte della sorella Carla e l’avvio di Rivolta femminile (Roma 1970), anche Marta partecipa all’attività del gruppo. In Rivolta e nelle pratiche di autocoscienza, che riconsideravano anche gran parte dell’elaborazione culturale, Marta trova la chiave di lettura di quel disagio che avvertiva come “circoscritto e personale”, e che riporta al più generale tema del conflitto con la creatività maschile. Nell’arco di pochi anni si delinea una cesura nel gruppo: tra chi, come Carla Lonzi, rifiuterà la produzione culturale in atto in quanto irrimediabilmente segnata dall’impronta patriarcale; e chi invece, come Carla Accardi e, in modo diverso, la stessa Marta, continuerà la ricerca di una strada che, nonostante tutto, consenta di pensarsi – e di agire – come soggetto creativo. Per Marta è chiaro che solo accogliendo consapevolmente la dimensione soggettiva nel progetto ne viene garantita l’autenticità, cioè la validità. Una distanza abissale con la prassi didattica universitaria. Abbandona così l'università e intraprende un percorso di ricerca sul processo “reale e non sublimato” che si traduce in un libro decisamente atipico, L’architetto fuori di sé (collana Prototipi, 1982), inteso come “una testimonianza eterodossa rispetto alla pratica dell’attuale progettazione architettonica”. Una testimonianza dunque, cioè una prova che rende atto di qualcosa: della propria esperienza come architetto, e donna.
Il libro, accolto freddamente in Italia, avrà molta più risonanza all'estero, anche grazie alla circolazione nei circuiti dell’editoria femminista. Per Marta inizia una densa stagione di presentazione e di dibattito sul tema “Che cosa è per una donna creare?”. Spesso alle conferenze segue un coinvolgimento didattico in corsi o seminari: così a Strasburgo (1983), a Berlino, prima all’IBA nel 1987 quindi all’Hochschule der Künste (1989); e poi Malaga (1993), di nuovo Strasburgo (1993-94), Toledo (1994), La Coruña (1994-95). In Spagna soprattutto lascia una traccia importante, testimoniata da Pasquala Campos, la prima donna incaricata di una cattedra di progettazione in quel Paese che ringrazierà Marta “por su apoyo a mi proceso de integracion de la actividad profesiónal con la comprensión feminista del mundo” (1999). In Italia rientrerà con un incarico universitario soltanto nel 2005, al Master “Restauro del moderno” del Politecnico di Milano.
“L’autenticità è la garanzia dell’espressione… Il progettare, come ogni forma di espressione, scopre le intenzioni del soggetto”.
(ML 1982)
“L'autenticità è un filo di Arianna nel cammino progettuale, cioè ti conduce nel labirinto, ti conduce nell’ignoto, dal conscio all'inconscio, dal sé all’altro da sé, dal mentale al naturale, dal soggetto al paesaggio ed è una ricerca, dice Marta, che tocca in special modo le donne”.
(M. Bottero 2019)